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«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto» (Gc 1,22)
Una Parola che dà la vita, quella del Vangelo, e, nello stesso tempo, una Parola che domanda di essere vissuta. Se un Dio parla a noi, come non accogliere la sua Parola? La Bibbia ripete per ben 1153 volte l'invito ad ascoltarlo. Lo stesso invito è rivolto dal Padre ai discepoli quando la Parola, il Figlio suo, viene a vivere in mezzo a noi: "Ascoltatelo". Ma l'ascolto di cui parla la Bibbia è fatto più col cuore che con le orecchie. È aderire interamente, obbedire, adeguarsi a quanto Dio dice, con la fiducia di un bambino che si abbandona alle braccia della mamma e si lascia portare da lei. È quanto ricorda l'apostolo Giacomo nella sua lettera:
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
Si sente qui l'eco dell'insegnamento di Gesù che dichiara beato chi, avendo ascoltato la Parola di Dio, la osserva, e che riconosce come madre e fratelli suoi coloro che la ascoltano e la mettono in pratica. Riprendendo un'immagine di Gesù, Giacomo la paragona ad un seme depositato nel nostro cuore. Essa va accolta "con docilità"; ma non basta l'accoglienza, l'ascolto. Come il seme è destinato a portare frutto, così la Parola di Dio deve tradursi in vita. Lo aveva spiegato Gesù nella parabola dei due figli. "Sì", aveva risposto il primo figlio al padre che gli chiedeva di andare a lavorare nei campi, ma non vi andò. "Non ne ho voglia", aveva risposto l'altro figlio, che poi invece obbedì al padre, mostrando con i fatti cosa vuol dire ascoltare veramente la Parola. Il buon ascoltatore della Parola, afferma ancora Gesù al termine del "discorso della montagna", è colui che la mette in pratica, dando consistenza alla sua vita come ad una casa fondata sulla roccia.
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
In ogni sua Parola Gesù esprime tutto il suo amore per noi. Incarniamola, facciamola nostra, sperimentiamo quale potenza di vita sprigiona, se vissuta, in noi e attorno a noi. Innamoriamoci del Vangelo fino al punto da lasciarci trasformare in esso e traboccarlo sugli altri. Questo è il nostro modo di riamare Gesù. Non saremo più noi a vivere, Cristo si formerà in noi. Toccheremo con mano la libertà da noi stessi, dai nostri limiti, dalle nostre schiavitù, non solo, ma vedremo esplodere la rivoluzione d'amore che Gesù, libero di vivere in noi, provocherà nel tessuto sociale in cui siamo immersi.
«Siate quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto».
L'abbiamo sperimentato fin dagli inizi del Movimento, durante la seconda guerra mondiale quando, a Trento, a motivo dei frequenti bombardamenti, correvamo nei rifugi portando con noi solo il piccolo libro del Vangelo. Lo aprivamo, lo leggevamo e, penso, per una particolare grazia di Dio, quelle Parole, sentite ripetere tante volte, si illuminavano di una luce nuovissima. Erano Parole di vita, da potersi tradurre in vita. "Ama il prossimo tuo come te stesso", e pur nel grigiore e nella tragedia della guerra, le persone così amate ritrovavano il sorriso, la serenità, il senso della vita. "Date e vi sarà dato", e chili di provvidenza ci ricoprivano, dopo un nostro magari piccolo gesto di generosità, beni che distribuivamo a larghe mani ai bisognosi della città. Abbiamo visto nascere attorno a noi una comunità viva, fatta, dopo soli pochi mesi, di 500 persone. Tutto era frutto della comunione con la Parola, che era costante, era una dinamica di minuto per minuto. Eravamo inebriati della Parola, possiamo dire che la Parola ci viveva. Bastava dirci: "Vivi la Parola?", "Sei la Parola viva?", per aumentare in noi l'accelerazione a viverla. Dobbiamo tornare a quei tempi. Il Vangelo è sempre attuale. Sta a noi crederci e sperimentarlo.
Chiara Lubich
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